1) La visione del mondo
Un pensiero ricorre nella mia immaginazione: com'è
il mondo oltre le apparenze ?
Ciò che i nostri cinque sensi possono percepire è
"fenomeno", per dirla alla maniera di Kant; ma , oltre il
"fenomeno", c'è un "noumeno", una realtà certamente esistente, ma
per noi impercepibile e inimmaginabile. Cercherò di chiarire questo
pensiero con un esempio.
Di fronte a me, adesso, mentre scrivo, c'è un
albero, è estate e sto seduta vicino al bordo di una piscina. Io
posso vedere l'albero, il cielo e l'acqua blu della piscina perché,
attraverso i miei occhi, onde - particelle luminose entrano in
comunicazione con il mio cervello che elabora le immagini.
Ciò che vedo è, a sentire i fenomenologi e gli
scienziati, il risultato di una meravigliosa e progressiva
interazione tra le mie facoltà cerebrali-percettive, la realtà
esterna e la luce. Ma, se non ci fossi io, se non ci fossero altri
esseri umani dotati delle mie stesse facoltà percettive ... come si
vedrebbe il mondo ? E chi lo vedrebbe ?
E ora un esempio, paradossale ma efficace, per
andare più vicini all'idea che vorrei esprimere. Mettiamoci nel
punto di vista di un'entità infinitamente piccola ... una particella
subatomica, il neutrino. Per il neutrino, che viaggia ad altissime
velocità attraverso il cosmo e perciò anche attraverso la materia
... l'albero che adesso ho di fronte a me non esiste , si dissolve
nello spazio, per la sua immensità in rapporto alla particella,
perde la forma, la compattezza, il colore e la dimensione che invece
io riesco ad afferrare grazie all'interazione tra la materia, la
luce e gli occhi e strutture cerebrali di cui sono dotata.
Agli ipotetici "occhi" del neutrino la materia non
apparirebbe solida "continua" e tangibile come lo è per noi, ma una
modalità dello spazio, una nube immensa popolata di atomi,
particelle etc. di varie dimensioni. Il neutrino deve avere intorno
a sé un paesaggio molto diverso dal nostro ... quando viaggia
attraverso la materia di cui è fatto il mondo ! Anche agli occhi di
un ipotetico essere infinitamente più grande di noi ... l'albero ...
e non soltanto l'albero, il grano maturo, il mare, lo splendore di
un'alba non sarebbero percepibili né visibili, a meno che (e anche
qui siamo nella pura fantascienza !) non fosse dotato di tecnologie
avanzatissime; ma, anche in questo caso ... chi ci assicura che il
"sentimento interno" di quell'essere sarebbe capace di una qualsiasi
emozione estetica nel percepire la "realtà" ... albero cielo e mare
... a cui diamo il nome di NATURA ? è più che evidente che soltanto
la nostra umanità, storia e cultura ci permettono di vedere la
realtà materiale e naturale come la vediamo e di apprezzarne la
qualità estetica.
Di fronte a queste sconvolgenti evidenze alcune
riflessioni sono inevitabili. In primo luogo dobbiamo prendere atto
di essere "a misura del mondo": a metà strada tra l'infinitamente
piccolo e l'infinitamente grande, siamo nel giusto punto di
osservazione.
Un'altra certezza è che, intorno a noi, c'è una
realtà che noi esseri umani possiamo conoscere, attraverso i cinque
sensi di cui siamo dotati, e vedere nei volumi, nelle forme, suoni,
colori etc., elaborati dalla nostra mente nelle condizioni a cui
prima abbiamo accennato, e che ci sono familiari.
Ma la "realtà" della realtà, mi si perdoni il gioco
di parole, per noi è mistero. Fin qui tutto ciò che possiamo
percepire, vedere e conoscere è relativo all'uomo.
Ed ecco l'intuizione che ho avuto, stamattina,
davanti all'albero di limone e sul bordo della piscina azzurra : se
appena ci riflettiamo un po' sopra ... il mondo è assai più virtuale
che reale ... oltre che il prodotto di un'evoluzione, agli occhi
della mia mente comincia a configurarsi come l'opera di una
straordinaria fantasia metafisica che gestisce ed usa l'evoluzione
in vista di un'operazione più complessa, nella quale certamente io,
insieme agli altri esseri umani, sono coinvolta ed ho un ruolo
primario: essere protagonista della percezione e della conoscenza
(sia pure limitata) di questo mondo.
Milioni di anni di evoluzione nei processi
materiali e biologici ... per permettere a me e agli altri esseri
umani di aprire gli occhi su questo mondo e di vederlo non come è,
ma come "magicamente" appare di fronte al nostro sguardo. Dico
"magicamente" perché, ripeto, il fenomeno della percezione e
relativa visione e conoscenza della realtà materiale nella quale
siamo immersi è tutto racchiuso nel misterioso rapporto tra quella
realtà e il nostro corpo, che Maurice Merleau Ponty, nella sua
Fenomenologia della percezione, definisce sensorium
commune, cioè strumento di conoscenza attraverso i sensi, comune
a tutti gli esseri umani.
Credo che, a questo punto, sia necessario
sospendere momentaneamente il nostro discorso e far luce sulla
complessità dei fenomeni presi in esame mettendoci in una
prospettiva diversa, quella che prende in considerazione l'Arte e
l'opera d'Arte come strumenti di conoscenza.
2) Vedere il mondo attraverso l'Arte
Analogamente a quanto accade nella percezione
visiva della realtà materiale, « Nella rappresentazione visiva
(operata da un artista)» dice Gombrich in Arte e illusione «
i segni tengono luogo di oggetti del mondo visibile e questi
non possono essere resi in sé. Ogni immagine, per sua stessa
natura, resta un richiamo all'immaginazione visiva, ha bisogno
d'essere integrata, d'essere compresa ».
Le acute e approfondite analisi del grande critico
ci rivelano in quale misura sia importante l'intervento soggettivo
nella percezione dell'opera d'Arte ... l'opera si fa, cioè, nel
momento in cui alcuni segni non la descrivono -perché la realtà
oggettiva in sé è irriproducibile- ma sollecitano nel destinatario
del messaggio (colui che guarda l'opera) l'evocazione soggettiva di
quella realtà, che viene da lui percepita, letta e interpretata in
base alla propria sensibilità, esperienza ,cultura e storia
personale.
L'ambiguità dell'immagine, che può essere letta e
interpretata in modalità e con angolazioni e prospettive diverse,
sottolinea e sottende l'ambiguità del reale e anche la sua
"virtualità", tutta affidata alla "immaginazione attiva" degli occhi
e della mente, che vedono perché ricordano e
riconoscono -ovvero conoscono in maniera diversa, ciò che
hanno già conosciuto, attraverso memoria e concatenazione di
percezioni ed esperienze personali e collettive. Ciò non esclude che
si possano costruire oggettivamente immagini che offrono, a chi
guarda, una visione illusoria della realtà - che cambia con il
cambiare del punto di osservazione- e appare assurda perché non
coincide con le sue aspettative (orientamenti culturali o stati
emotivi). Esemplari, in questo senso, alcune opere di M. C. Escher,
come la xilografia dal titolo Autre monde del 1947 (qui
riprodotta nella rielaborazione grafica di Serena Colonna), in cui
si compongono, armoniosamente e in modo credibile, tre diverse
visioni prospettiche: a sinistra e al centro, dominante, la
prospettiva orizzontale, in alto a destra la prospettiva dall'alto
in basso, in basso a sinistra la prospettiva dal basso in alto
(fig.1)
Questo connubio di prospettive diverse crea nello
spettatore una sorta di shock visivo proprio perché non
asseconda le sue aspettative, legate al modo ordinario con cui è
abituato a vedere il mondo esterno e lo sollecita a guardare con più
attenzione e ad interrogarsi sull'opera che sta osservando. È
chiaro, comunque, che l'ambiguità del "fenomeno" rispetto al
"noumeno", sempre per dirla alla Kant, non deve creare, in chi
osserva, incertezze sul dato incontrovertibile: vedo quindi
sono. L'ambiguità non riguarda l'essere (di me stesso e del
mondo), ma l'apparire, il modo in cui l'esistente -soggettivo e
oggettivo- viene percepito e conosciuto dagli occhi e dalla mente
umana. Così l'illusione ottica, che si realizza nel momento in cui
l'immagine si configura nel nostro sguardo e raggiunge la nostra
capacità di vedere, non toglie nulla alle leggi della prospettiva e
a quelle fondamentali della fisica, sulle quali si reggono il mondo
e l'universo che lo contiene. Riassumendo, mi sembra di grande
interesse, per un attento lettore della realtà, riflettere sulle
modalità in cui avvengono sia la visione quotidiana, fisiologica,
del mondo che fa corpo con le strutture della materia, sia quella
mediata dall'Arte.
Abbiamo detto che il mondo materiale è un grande
scenario in tre dimensioni in cui noi svolgiamo il doppio ruolo di
spettatori e attori, perché i nostri occhi non funzionano come una
pellicola fotografica su cui si imprimono luce e immagini ma,
fornendo e attingendo informazioni dalla mente, contribuiscono ad
elaborare le stesse immagini. Se passiamo a considerare il ruolo
della creazione artistica ... la visione e la concreazione
del mondo si moltiplicano all'infinito, sia perché ogni opera d'arte
riflette una diversa visione del mondo, sia perché l'opera d'arte,
come qualunque messaggio lanciato attraverso un linguaggio in
codice, per compiersi ed esistere in qualità di oggetto estetico,
richiede un destinatario capace di "leggerla". Non è quindi un
paradosso affermare che ogni spettatore ricrea l'opera nel
momento in cui la osserva e la "legge" gustandone la qualità
estetica ... in quel momento si realizza una sinergia tra la visione
del mondo che l'artista ha espresso nell'opera e il mondo interiore
di chi guarda, interpreta e fruisce l'oggetto d'arte attraverso la
propria sensibilità, cultura e capacità interpretativa.
Vorrei ora sottolineare con un esempio la polarità
del linguaggio pittorico, sempre in relazione alle variabili del
modo di percepire e vedere l'opera d'arte, virtuale organismo
dinamico capace d'interagire con il proprio fruitore. Prendiamo
in esame il mio quadro L'Arca dei fiori (1999, fig. 2). Qui
la collocazione dei fiori nell'Arca in miniatura, spinta dalle onde
verso non si sa dove ... è sconcertante e determina, in chi guarda e
conosce la storia narrata nella Genesi, la sensazione immediata che
i fiori siano personaggi in fuga, intenti a salvarsi da
un'apocalisse annunziata. Se al posto dei fiori avessi raffigurato
Noè, la sua famiglia e i mitici animali della Genesi ... la mia
rappresentazione sarebbe stata descrittiva e meno simbolica. Se
poi concentriamo lo sguardo su qualche particolare del quadro (fig.
3) ... si moltiplicano le sorprese. La luna, vista insieme della
composizione, essendo compresente al sole, contribuisce a creare
l'atmosfera inquieta e suggerisce la straordinarietà dell'evento;
vista in dettaglio, invece, si accende di luce opalina e, liberata
dalla tensione drammatica dell'intero contesto, sembra danzare
cangiante tra le colline dello sfondo.
Esaminiamo adesso un altro particolare sottraendolo
all'intera composizione (fig.4) : qui i fiori tornano ad essere
fiori e trasmettono, a chi li vede, soprattutto un'impressione
cromatica ... la gioia del colore. In che misura e in quanti modi
possiamo "vedere" e conoscere il mondo, nella sua realtà virtuale e
culturale, in un'opera come questa? Lascio, per adesso, questa
domanda in sospeso ... nella speranza che qualcuno più capace e
preparato di me tenti di formulare qualche ipotesi di risposta. Una
cosa è certa: quando parliamo di "visione" e conoscenza del mondo
tocchiamo argomenti complessi e affascinanti, che vanno affrontati
con metodo interdisciplinare e approfonditi grazie a percorsi
conoscitivi orientati in più direzioni. Fermo restando l'altro
interrogativo di fondo su perchè e come siamo qui, in questo preciso
momento del tempo, a porre domande sulla straordinarietà del nostro
vissuto ordinario in questo mondo, che i nostri occhi, mente e mani
percepiscono ... creano e ricreano attraverso gli occhi, la mente.
le mani e il cuore degli artisti di tutti i tempi e luoghi della
terra.
BIBLIOGRAFIA
Maurice Merleau-Ponty, Fenomenologia della
percezione, Il Saggiatore, Milano, 1972.
Ernst H. Gombrich, Arte e illusione,
Leonardo Arte, Milano, 1998
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